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Uno studio ed un'analisi dell'offerta ricettiva dei bed & breakfast in Sicilia

di Loriana Caponnetto

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI URBINO CARLO BO
DIPARTIMENTO DI ECONOMIA, SOCIETA, POLITICA- DESP
Corso di Laurea Magistrale in MARKETING E COMUNICAZIONE PER LE AZIENDE
Relatore: Chiar.ma Prof.ssa Federica Murmura
Anno Accademico: 2017/2018

1.1 - La riforma della legislazione nazionale del turismo

L’attuale legislazione turistica italiana è il risultato di una lunga evoluzione normativa e di diversi interventi legislativi susseguitisi a livello comunitario, nazionale e regionale.
Tema centrale e ricorrente in materia di turismo è senza dubbio quello relativo alla distribuzione della potestà legislativa tra lo Stato e le Regioni.
L’iter normativo in materia turistica ha visto susseguirsi, a livello nazionale, diversi decreti e riforme che ne hanno apportato, più o meno negli anni, diverse modifiche.
Prima della riforma del 18 ottobre n°3 del 2001 di modifica del titolo V della Costituzione, si parlava di “Turismo ed industria alberghiera”, come settore di competenza regionale, nei limiti della legislazione statale di principio prevista dall’art.117 della Costituzione; dopo le modifiche apportate dalla riforma del 2001, appunto, tale espressione è scomparsa da tale articolo, pur rimanendo comunque la competenza legislativa regionale che, anzi, appare adesso più ampia.
Ma, se dapprima la legislazione regionale poteva esprimersi sì autonomamente, ma sempre nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dallo Stato, con le nuove modifiche la materia turismo non è soggetta più neanche a questo limite; essa infatti non rientra né tra le materie di competenza esclusiva statale né fra le materie di legislazione concorrente statale-regionale (dove la determinazione dei principi fondamentali spetta allo Stato).
Essa infatti va a rientrare fra le materie residuali innominate, secondo cui è previsto che spetti alle regioni la potestà legislativa per ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
In conseguenza di ciò, cade anche l’imposizione della conformità della legislazione regionale alla legislazione statale di principio in tema di turismo, imposta dalla legge quadro n°135 del 29 marzo 2001, che sostituiva la precedente n°217 del 1983.
La 135/2001 si pone come base per i principi generali e per gli strumenti di coordinamento su cui le regioni dovrebbero costruire le proprie normative, e quindi nella logica della concorrenza legislativa tra Stato e Regioni.
Essa, come detto, ha sostituito la precedente legge quadro 217/1983 che aveva il nobile intento di portare ordine nel settore turistico, fissando delle più chiare competenze legislative tra Stato e Regioni, e risolvere quindi le conflittualità esistenti tra le due istituzioni. Intento che però non andò a buon fine poiché le Regioni, sulla base della loro autonomia, emanarono una normativa disomogenea e contraddittoria, tanto da portare il legislatore ad emanare una nuova legge, che è, per l’appunto, la 135/2001.
Con questa “Nuova Riforma della Legislazione Nazionale del Turismo” si cercò di modernizzare le norme che regolavano le attività turistiche per ricondurle al passo dei processi di trasformazione e sviluppo che stavano coinvolgendo il mercato turistico a livello mondiale.
Diversi sono gli aspetti innovativi apportati dalla Riforma 135/2001.
Il più importante da citare in prima linea è sicuramente il riconoscimento del ruolo strategico del turismo per lo sviluppo economico ed occupazionale del Paese e il riconoscimento del ruolo dell’impresa e dell’industria turistica in sé. A tal proposito, all’art.1, comma 2 ,la Riforma cita testualmente: ” la Repubblica riconosce il ruolo strategico del turismo per lo sviluppo economico ed occupazionale del Paese nel contesto internazionale e dell’Unione europea per la crescita culturale e sociale della persona e della collettività e per favorire le relazioni tra popoli diversi”.
Ed ancora, in essa vi è la ridefinizione delle imprese turistiche, attraverso la fissazione di standard minimi omogenei a livello nazionale, rispetto ai servizi di informazione e accoglienza, alle tipologie delle imprese turistiche, alla qualità delle strutture ricettive e dei servizi offerti, alle professioni turistiche, ecc.
La riforma inoltre, introduce per la prima volta anche il concetto di Sistemi Turistici Locali, definiti all’art.5 come ”contesti turistici omogenei ed integrati, comprendenti ambiti territoriali appartenenti anche a Regioni diverse caratterizzati dall’offerta integrata di beni culturali, di attrazioni turistiche, compresi i prodotti tipici dell’agricoltura e artigianato locale, o dalla diffusa presenza di imprese turistiche singole o associate che costituisce un originale modello organizzativo del territorio, mirante a valorizzare le risorse esistenti e a realizzare progetti di innovazione nello sviluppo dell’offerta turistica”.
La creazione di tali STL è comunque affidata alle Regioni che definiscono in piena autonomia le strategie di governo del territorio e, pur nascendo per iniziativa degli enti locali o imprese singole o associate, giungono ad avere concretezza attraverso l’intesa tra soggetti pubblici e privati, interessati allo sviluppo turistico del territorio. Gli obiettivi dei STL sono chiaramente quelli di favorire l’affermazione di una cultura di governo locale del turismo e di creazione di sinergia tra sviluppo turistico e sviluppo locale, per favorire la sostenibilità, la promozione e la tutela del territorio, nonché l’imprenditorialità e la crescita culturale.
Gli elementi caratterizzanti il concetto di STL sono principalmente il territorio, attraverso la quale si va a concepire il turismo in un’ottica di marketing territoriale; la comunità locale, dove soggetti pubblici e privati sono chiamati a fare sistema e, infine, il progetto di sviluppo dell’offerta turistica, che viene condiviso e portato avanti da tutti i soggetti interessati e che è volto alla valorizzazione delle risorse turistiche, alla creazione di nuovi servizi e prodotti e al miglioramento dell’offerta turistica locale.
Il sistema turistico locale diventa esso stesso elemento di promozione turistica, potendo creare una intensa immagine turistica che è al contempo unitaria (in quanto specifica di una determinata zona) e variamente articolata (per i beni culturali da visitare, per gli itinerari da seguire, per i prodotti tipici da degustare, ecc.).
Le regioni in questo ambito hanno l’importante ruolo di programmare e pianificare le linee di indirizzo che i STL dovranno seguire per poter accedere soprattutto ai finanziamenti, che diventano necessari per il sostegno dei progetti di sviluppo, nonché per favorire l’integrazione tra politiche del turismo e politiche di governo del territorio.
Perché i STL ricevano tali contributi finanziari da parte delle Regioni, i loro programmi di sviluppo devono perseguire certe finalità, ad esempio favorire processi di aggregazione tra imprese turistiche, sostenere l’innovazione tecnologica degli IAT (uffici comunali di Informazione e Accoglienza Turistica), favorire la riqualificazione delle imprese turistiche, in particolare per quel che riguarda il tema della sicurezza, la certificazione di qualità, ecc.; ed ancora, promuovere il marketing telematico dei progetti turistici al fine di migliorare la commercializzazione in Italia e all’estero ed attuare quegli specifici interventi intersettoriali e infrastrutturali necessari a qualificare l’offerta turistica.
Ogni regione ha attivato e programmato a suo modo i STL. Possiamo prendere ad esempio la Regione Sicilia, che merita ovviamente un posto di rilievo in questa trattazione dato l’argomento trattato. Essa ha recepito e disciplinato i STL con la Legge Regionale 10/2005, introducendo però non propriamente i STL bensì i Distretti Turistici, che fondamentalmente detengono compiti analoghi a quelli che hanno i STL in altre regioni.
Essi, secondo quanto riferito dalla stessa legge del 10/2005, vengono definiti come “contesti omogenei o integrati comprendenti ambiti territoriali appartenenti anche a più province e caratterizzati da offerte qualificate di attrazioni turistiche e/o di beni culturali, ambientali, ivi compresi i prodotti tipici dell'agricoltura e/o dell'artigianato locale”.
La legge regionale continua specificando come essi possano essere promossi da enti pubblici, territoriali e soggetti privati, anche appartenenti a territori di diversa provincia, interessati a sviluppare turisticamente il territorio attraverso l’implementazione di specifici progetti.
Successivamente, ma sempre nel 2005, vengono fissati, attraverso un apposito Decreto assessoriale, i requisiti e i presupposti necessari al riconoscimento ufficiale di tali Distretti, presupposti che riguardano perlopiù la presenza di elementi di attrazione turistica, culturale, ambientale, e risorse paesaggistiche, caratterizzanti il territorio.
Per ciò che riguarda i requisiti richiesti, questi sono di tipo dimensionale e demografico; il Distretto infatti deve concretizzarsi in una massa critica di comuni aderenti e di abitanti, nonché di capacità in termini di ospitalità ricettiva a fini turistici.
Inoltre, è stabilito che i Distretti possono essere costituiti in forma territoriale, ossia tra territori contigui, o in forma tematica, che vede l’integrazione di territori non contigui tra loro ma caratterizzati da un unico tema specifico.
Tornando comunque al discorso dell’istituzione dei STL, la 135/2001, vuole comunque confermare l’impostazione della legislazione statale della seconda metà degli anni ’90, la cosiddetta “legislazione Bassanini”, che prende il nome dal suo ideatore, secondo cui, in materia turistica, è preferibile favorire il principio di sussidiarietà nell’assegnazione delle competenze amministrative, ossia delegare agli enti più prossimi alla comunità e al territorio, tanto che si impone alle Regioni “il conferimento alle province, ai comuni e agli altri enti locali di tutte le funzioni che non richiedono l’unitario esercizio a livello regionale”.
Le Regioni sono dunque indotte a conferire funzioni amministrative agli enti locali in materia di turismo, come nelle altre materie di competenza. Tali funzioni, una volta conferite appunto, possono essere svolte autonomamente dall’ente, che sceglie liberamente anche il proprio modello organizzativo tra quelli previsti dalla legge (istituzione, azienda speciale, consorzio, ecc.).
Come già accennato all’inizio, la 135/2001 va a scontrarsi dunque con la più recente modifica al titolo V della Costituzione, attuata tramite la legge 3/2001, e deve quindi ritenersi in conclusione, che sia attribuito, in materia turistica, un potere legislativo esclusivo alle Regioni.
Alla luce di quanto detto, queste infatti possono ben concludere intese tra di loro senza la necessaria intermediazione dello Stato, al fine di condividere e uniformare principi e obiettivi, secondo quanto specificato dall’art.117, 8° comma della Costituzione.
Tuttavia va sottolineato che, nonostante la materia rientri tra le competenze legislative residuali delle Regioni, vi sono determinate funzioni amministrative che necessitano di un esercizio unitario a livello statale, per cui un eventuale intervento da parte dello Stato di deroga al normale riparto di competenze previsto in Costituzione, potrebbe essere giustificato secondo i principi di sussidiarietà e adeguatezza, a condizione però che tale intervento sia proporzionato, assistito da ragionevolezza e rispettoso del principio di leale collaborazione con le Regioni”.
C’è da sottolineare comunque come tale competenza “piena” concessa alle Regioni vada ad allinearsi alla situazione già vigente nelle Regioni a statuto speciale, tra cui rientra la Sicilia, che già prima del 2001 godevano di tale facoltà esclusiva in base alle norme costituzionali-statutarie specifiche previste. Lo Statuto Speciale, infatti, prevede che vi siano delle materie, tra cui quella turistica per l’appunto, in cui la legge regionale, in via di tale esclusività, può addirittura prevalere su quella nazionale.
Nel lungo e complesso iter normativo che la disciplina turistica ha seguito fino ad ora, è importante ricordare l’introduzione del Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, conosciuto anche come “Codice del Turismo”, allegato al D. Lgs. n.79 del 2011, che ha abrogato e riunito tutte le leggi precedentemente emanate nel settore.
Tale decreto costituisce il risultato del pluriannuale sforzo profuso dal legislatore italiano al fine di condensare in un unico corpus normativo l'insieme delle disposizioni in materia turistico-alberghiera, permettendo, al contempo, una razionalizzazione nonché un adeguamento della disciplina ai più recenti dettati normativi in materia, soprattutto di origine europea.
Esso esprime l’intento del legislatore di promuovere il mercato turistico e rafforzare la tutela sia del consumatore che degli operatori del settore.
Il nuovo Codice infatti, vuole rispondere a due specifiche finalità: da un lato l'esigenza di attuare una normativa che fosse di incentivo per la generale crescita di competitività del settore turistico italiano, dall'altro la necessità di garantire un'estesa ed effettiva tutela nei confronti del turista-consumatore, sia nella fase preliminare della valutazione e della scelta delle strutture ricettive, sia nello svolgimento del viaggio, specie per il caso di imprevisti sopravvenuti.
Molti concetti contenuti nella disciplina previgente sono stati ripresi al fine di ampliarli e innovarli, come ad esempio quello riguardante la nozione di impresa turistica, che adesso non comprende più solamente le strutture ricettive in sé ma tutte le organizzazioni impegnate nella promozione del turismo, e quindi anche agenzie di viaggio, stabilimenti balneari, parchi divertimenti, ecc.
La definizione di impresa turistica dunque, è ora da intendersi come quell'impresa che esercita "attività economiche, organizzate per la produzione, la commercializzazione, l'intermediazione e la gestione di prodotti, di servizi, di infrastrutture e di esercizi, volti alla realizzazione dell'offerta di beni e servizi volti a soddisfare le esigenze del turista”.
Con il nuovo Codice del Turismo il legislatore ha voluto anche rilevare e riconoscere i nuovi tipi di strutture ricettive già previsti e introdotti dalle leggi regionali, come appunto i Bed&breakfast.
Al di là dell’ampliamento e delle innovazioni(in termini definitori) apportate dal decreto alla materia turistica, possiamo dire che il Codice del Turismo apporta in sé molteplici novità, soprattutto anche per quel che riguarda gli standard qualitativi minimi a cui gli operatori devono uniformarsi; ciò è da riferirsi in particolare al sistema di valutazione relativo alla classificazione delle strutture ricettive, che ha visto l’esigenza di una fissazione omogenea dei criteri valutatori a livello nazionale, a garanzia del turista-consumatore. Quest’ultime nozioni però verranno specificatamente approfondite più avanti.