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La tutela del turismo nella giurisprudenza costituzionale

di Fabio Frisenda
Università degli Studi “Roma Tre”
Dipartimento di Giurisprudenza
Corso di Laurea in Giurisprudenza
Tesi di Laurea in Diritto Costituzionale
Relatore: Chiar.mo Prof. Alfonso Celotto
Anno Accademico 2015 - 2016

1.3 - La ripartizione delle competenze

Dopo la riforma costituzionale del 2001 la ripartizione delle competenze legislative di Stato e Regioni appare segnata dal distacco fra il disegno astratto e la realtà, fra i contenuti che a una prima lettura paiono connotare l’art. 117 Cost. e il risultato della combinazione di prassi legislativa e giurisprudenza costituzionale.

Il distacco consiste essenzialmente in ciò: mentre il testo sembra tracciare un riparto di competenze rigido, informato alla logica della separazione delle sfere di competenza legislativa statale e regionali, la prassi ha visto l’affermazione di un riparto flessibile nel quale i legislatori (specialmente quello statale) possono spingersi, talora e a certe condizioni, nel campo opposto.

Del resto, anche il sistema delineato dall’originaria versione dell’art. 117 Cost., è stato superato dalla prassi con l’avallo decisivo della giurisprudenza costituzionale, che ha fatto particolarmente leva sull’interesse nazionale utilizzato alla stregua di una clausola generale di flessibilità. Eppure, la modifica dell’art. 117 Cost. mirava a rafforzare la potestà legislativa delle Regioni innovando rispetto all’esperienza precedente, segno che i riformatori del 2001 immaginavano una sorte diversa per il nuovo riparto di competenze legislative.

In base al testo riformato lo Stato può legiferare solo nelle materie tassativamente elencate e le Regioni hanno competenza per «ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato». Per quanto non si possa dimenticare come la potestà legislativa statale risulti comunque ben più estesa di quella regionale, la quale si riduce essenzialmente ai rapporti amministrativi, mentre l’ordinamento civile e penale, nonchè le regole processuali, sono soggetti alla potestà statale.

La sorte analoga del riparto prima e dopo la riforma dipende dal fatto che l’art. 117 Cost. riformato conserva il modello originario malgrado la sua resa sia stata molto deludente; si limita a spostare le linee che delimitano le sfere di competenza legislativa di Stato e Regioni, ma non rinnega l’ambizione geometrica del riparto e la tecnica degli elenchi delle materie; conserva inoltre la potestà concorrente, anch’essa fonte di molteplici problemi dovuti all’impalpabilità del confine fra principio e dettaglio.

La lettura rigida del riparto di competenze prende spunto dai tratti più appariscenti della riforma del 2001, ovvero l’attribuzione alla legge statale della competenza per le materie tassativamente enunciate in appositi elenchi e la connessa attribuzione alla legge regionale di una competenza di tipo residuale.

È una lettura funzionale all’ampliamento della sfera di competenza legislativa regionale che la riforma ha perseguito proprio mediante lo spostamento dei precedenti confini fra le sfere di competenza legislativa di Stato e Regioni.

Alcune pronunce costituzionali sembrano come una conferma della correttezza della lettura rigida, a cominciare da quelle che sanzionano le leggi statali che forzano i confini fra le sfere di competenza legislativa di Stato e Regioni disciplinando oggetti che non figurano nell’elenco delle materie esclusive statali oppure dettando nelle materie residuali norme di dettaglio o principi fondamentali.

Al medesimo quadro interpretativo possono essere ascritti alcuni orientamenti, come quello secondo cui occorre considerare le materie comprese negli elenchi dell’art. 117 Cost. nella loro completezza, senza possibilità di scomporre singole parti; quello per il quale il riparto delle materie delineato dall’art. 117 Cost. «vieta comunque che in una materia di competenza legislativa regionale, in linea generale, si prevedano interventi finanziari statali seppur destinati a soggetti privati, poiché ciò equivarrebbe a riconoscere allo Stato potestà legislative e amministrative sganciate dal sistema costituzionale di riparto delle rispettive competenze».

La lettura rigida sembra trovare conferma nella nuova formulazione della potestà concorrente. A questo riguardo va ricordato un passaggio della prima decisione postriforma secondo cui la verifica in merito al rispetto dei limiti assegnati alla legge regionale deve muovere «non tanto dalla ricerca di uno specifico titolo costituzionale di legittimazione dell’intervento regionale, quanto, al contrario, dalla indagine sulla esistenza di riserve, esclusive o parziali, di competenza statale».

Sulla scia di tale orientamento, successive pronunce giudicano illegittimi i dettagli statali in materia concorrente, secondo cui la puntuale disciplina statale non lascia «alcuno spazio normativo per le Regioni»).

Un’altra conferma della lettura rigida sembra venire dalla scomparsa dell’interesse nazionale che era stato la principale giustificazione per le incursioni statali nelle materie regionali.

Dopo la riforma, «l’interesse nazionale non costituisce più un limite di legittimità, ne di merito, alla competenza legislativa regionale ». Infine, la lettura rigida del riparto si accorda con la mancata previsione nell’ambito del circuito legislativo di un organo di raccordo fra centro e periferia (la riforma prevede soltanto la possibilità, rimasta finora inattuata, di modificare i regolamenti parlamentari prevedendo la partecipazione di rappresentanti dei poteri locali alla Commissione Parlamentare per le questioni regionali, una soluzione chiaramente inadeguata ad assicurare la partecipazione delle Regioni al procedimento legislativo centrale).