Dove vuoi andare?
Ospiti e camere
...
IT | Cambia lingua Preferiti Vicino a me Inserisci la tua struttura
Regioni Località turistiche Punti d'interesse Offerte Last Minute
B&B Day
primo weekend di marzo
Settimana del Baratto
terza settimana di novembre
BarattoBB
baratto tutto l'anno in B&B
BB25
25 Euro tutto l'anno
B&B Card
richiedila gratis
Come aprire un B&B Mondo B&B Blog Magazine Turismo Speciali Eventi Fiere Punti d'interesse Suggerisci un punto d'interesse Tesi universitarie sul B&B
(Guadagna 100 Euro)
Scopri i B&B migliori B&B Europa
FAQ e contatti Note legali, Cookie Policy, Privacy Area Riservata Gestori
Italiano English Français Deutsch Español

La tutela del turismo nella giurisprudenza costituzionale

di Fabio Frisenda
Università degli Studi “Roma Tre”
Dipartimento di Giurisprudenza
Corso di Laurea in Giurisprudenza
Tesi di Laurea in Diritto Costituzionale
Relatore: Chiar.mo Prof. Alfonso Celotto
Anno Accademico 2015 - 2016

2.7 - Il riparto costituzionale delle competenze normative

Il turismo costituisce senza dubbio uno dei settori nei quali si riscontra il maggior tasso di regionalizzazione, anche se occorre avvertire che il processo che ha portato alla piena attuazione della competenza legislativa delle Regioni, ed al conseguente trasferimento delle corrispondenti funzioni amministrative a livello regionale e locale, non è stato né semplice né breve. La “storia” dell’intervento pubblico nel turismo è infatti stata in gran parte scandita dalle scelte del legislatore statale, che ha impresso un forte condizionamento sia ai modelli organizzativi, sia agli obiettivi e caratteri di tale intervento. Ciò è innanzitutto stato l’effetto della scelta, effettuata dalla Costituzione del 1948, di inserire la materia “turismo ed industria alberghiera” nell’elencazione delle competenze legislative regionali, tutte soggette (nella originaria versione dell’art. 117 Cost.) al rispetto dei principi fondamentali posti dal legislatore statale.

E così, anche quando, a partire dagli anni ’70, per effetto dell’istituzione delle Regioni a statuto ordinario, le competenze sono state effettivamente decentrate, la necessità per le Regioni di rispettare le leggi quadro statali ha determinato il mantenimento di una marcata uniformità, e la conservazione in capo allo Stato di una serie di competenze e di strutture amministrative.

È altrettanto vero, tuttavia, che proprio dall’esperienza legislativa ed amministrativa regionale hanno tratto origine alcuni modelli organizzativi innovativi che solo successivamente – come è avvenuto, del resto, anche in molti altri settori – hanno trovato una conferma e disciplina nella legislazione nazionale. È quindi proprio dalle Regioni che, in tutti I momenti cruciali di riforma del settore turistico, è giunta la spinta propulsiva che ha spinto il legislatore statale ad intervenire.

Il quadro delle competenze è profondamente mutato in seguito alla riforma costituzionale del 2001, che, non inserendo la materia del turismo nell’elencazione delle competenze regionali di tipo concorrente (e nemmeno in quelle di competenza esclusiva statale) ne ha determinato, implicitamente, il ricono- scimento alle Regioni a titolo di competenza c.d. esclusiva o residuale (art. 117, comma 4, Cost.).

Questo mutamento del titolo competenziale delle Regioni è stato confermato in più occasioni dalla Corte costituzionale, a partire dalla sentenza n. 197/2003 (dei cui contenuti si parlerà diffusamente oltre), sino alle più recenti sentenze nn. 90/2006 e 214/2006. Nonostante ciò, è necessario sottolineare che, per numerosi e rilevanti profili della disciplina del turismo, il riferimento alla legislazione statale appare tuttora inevitabile e preponderante: ciò è dovuto ad una serie di ragioni.

In primo luogo, l’attribuzione alle Regioni della competenza legislativa di tipo c.d. esclusivo o “residuale” in materia di tu- rismo, derivante, come appena detto, dalla nuova formulazione dell’art. 117 Cost. introdotta dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, se ha fatto venir meno per la legislazione regionale il limite del necessario rispetto dei principi fondamentali della materia posti attraverso leggi quadro statali, non sembra aver comportato la caducazione – o, quanto meno, non integralmente – di altri limiti alla competenza legislativa regionale, che già prima della riforma costituzionale erano considerati “limiti impliciti”: il rispetto delle norme di diritto privato; di diritto penale; di diritto processuale.

Il nuovo articolo 117 Cost. conferma esplicitamente tale linea interpretativa, riservando allo Stato una competenza esclusiva in materia di “giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale” (2° comma, lett. l).

In secondo luogo, si devono considerare i rilevanti condizionamenti che possono derivare alla potestà legislative regionale dall’intervento del legislatore statale in altre materie affidate espressamente alla sua competenza, esclusiva o concorrente, che presentano profili di connessione o sovrapposizione con la materia del turismo.

In particolare, si segnalano materie quali la tutela della concorrenza; i rapport internazionali e con l’UE; la tutela dell’ambiente e dei beni culturali, nonché le competenze concorrenti in materia di professioni; governo del territorio (comprendente l’urbanistica e l’edilizia); grandi reti di trasporto e di navigazione.

In terzo luogo, l’avvenuto ampliamento della competenza legislativa regionale non ha comportato l’automatica caducazione di tutto il preesistente impianto normativo statale. Come ha più volte confermato la Corte costituzionale, e salve restando le eccezionali ipotesi di abrogazione automatica per incompatibi lità con il nuovo testo costituzionale, le norme statali adottate in materie “transitate” in capo alle Regioni restano in vigore, in applicazione del principio di continuità, fino a quando non intervenga una nuova disciplina regionale, anche sostitutiva di quella statale.

Tale soluzione è stata applicata anche all’ultimo intervento legislativo statale di ampio respiro in materia di turismo precedente alla riforma costituzionale del 2001, ovvero, la legge quadro n. 135/2001.

Nell’esaminare le questioni di costituzionalità sollevate da alcune Regioni nei confronti di questa legge, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 197 del 2003, ha dichiarato inammissibili i ricorsi, essendo sopravvenuta in materia la competenza residuale delle Regioni, e, con essa, la possibilità per le Regioni di sostituire con proprie leggi la normativa impugnata. La Corte costituzionale non ha quindi dichiarato illegittima la legge quadro sul turismo n. 135/2001, in considerazione della sua assenza di lesività per le Regioni, che possono decidere liberamente se applicarla o meno.

In quarto luogo, si deve sottolineare che, secondo i più recenti indirizzi della Corte costituzionale, anche la competenza regionale più ampia comunque non esclude a priori la possibilità per la legge statale di attribuire funzioni amministrative al livello centrale e di regolarne l’esercizio, in base ai principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione, secondo l’impostazione introdotta dalla sentenza n. 303 del 2003, in presenza di determinate condizioni di legittimazione della disciplina legislativa statale (e, perciò, dell’esercizio stesso della potestà legislativa ad opera dello Stato).

Volendo sintetizzare e semplificare tali criteri, essi possono considerarsi: l’esigenza di un esercizio unitario di alcune competenze amministrative; una valutazione dell’interesse pubblico sottostante all’assunzione di funzioni da parte dello Stato proporzionata e ragionevole, alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalità; il rispetto del principio di leale collaborazione nella disciplina e nell’esercizio delle competenze “attratte in sussidiarietà” al livello statale.

Sul punto, va sottolineato come l’indeterminatezza (almeno di talune) delle condizioni di legittimazione dell’intervento legislativo statale è stata criticata da una parte della dottrina, secondo la quale questo indirizzo finisce per elevare la Corte costituzionale ad arbitro assoluto in merito alla decisione legislativa, data l’evanescenza del parametro costituzionale (il principio di sussidiarietà).

Questo atteggiamento di prudenza della Corte costituzionale nell’interpretare i nuovi spazi di autonomia regionale è, in parte, riconducibile anche al dibattito politicoistituzionale, che in questi ultimi anni ha visto contrapporsi, da un lato, i fautori di una ulteriore e più decisa regionalizzazione della materia del turismo, e, dall’altro, i sostenitori della necessità di un ritorno al passato e, dunque, di un riaccentramento delle competenze.

I primi fondano le proprie argomentazioni, in estrema sintesi, sulla già accentuata differenziazione amministrativa esistente in questo settore, sull’indubbia diversità delle caratteristiche territoriali (e delle relative attrattive turistiche) del territorio italiano, e sull’altrettanto indubbia capacità di sperimentazione ed innovazione dimostrata, in più di trent’anni di legislazione, dalle Regioni.

I secondi, invece, partono dai dati economici, che mostrano una crescente sofferenza del mercato turistico italiano, dovuto, anche alla difficoltà di promuovere un’immagine unitaria dell’Italia all’estero; sottolineano la necessità di un utilizzo coordinato ed armonico dei fondi, specie di quelli comunitari, che rappresentano tuttora, per molte Regioni italiane, la principale fonte di finanziamento delle politiche di sviluppo ed incentivazione dell’offerta turistica; e, infine, rilevano come l’attuale situazione di solo parziale e limitata autonomia finanziaria delle Regioni dimostra come allo Stato debba essere tuttora riconosciuto – almeno in via transitoria, e sino alla piena attuazione del federalismo fiscale – un rilevante ruolo di impulso ed indirizzo nei settori economici che, come quello turistico, rappresentano una porzione rilevantissima del PIL nazionale. Questo indirizzo, del resto, sembra essere stato accolto anche dalla Corte costituzionale, che ha sottolineato come “la necessità di un intervento unitario del legislatore statale nasce dall’esigenza di valorizzare al meglio l’attività turistica sul piano economico interno ed internazionale, attraverso misure di varia e complessa natura” (sent. 88/2007).

Dal punto di vista istituzionale, sinora il livello di conflittualità tra il Governo centrale e le Regioni si è mantenuto entro limiti accettabili, e ciò grazie alla fondamentale mediazione operata nelle sedi di concertazione nazionale, e in particolare nella Conferenza Stato-Regioni, il cui rilievo è senz’altro accresciuto dopo la riforma costituzionale del 2001. In questa sede lo Stato e le Regioni hanno concluso importanti accordi, che hanno condotto, nella sostanza, ad un esercizio “congiunto” di competenze normative su numerosi e rilevanti profile concernenti il turismo che, in base ai criteri formali di riparto delle competenze, avrebbero dovuto essere assegnati all’uno o all’altro livello. Il sistema degli accordi e delle intese ha così consentito di superare situazioni di impasse e di interpretare in senso conforme alla Costituzione molte disposizioni normative precedenti alla riforma, che assegnavano al legislatore statale l’esercizio esclusivo di poteri normativi o di indirizzo.

L’esigenza di un più stretto raccordo tra i diversi livelli di governo ha spinto, da ultimo, il legislatore all’istituzione di un’apposita sede istituzionale: si tratta del Comitato nazionale del turismo. Il Comitato promuove il coordinamento dei provvedimenti che interessano, in forma diretta o indiretta, l’industria e l’economia turistica complessivamente intese, anche attraverso il raccordo con il Consiglio dei Ministri, tramite il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio; degli interventi di infrastrutturazione con valenza sul sistema turistico; il coordinamento delle iniziative di promozione turistica all’estero, poste in essere dai vari soggetti istituzionali nell’ambito delle rispettive competenze.

Negli intenti del legislatore, il Comitato nazionale si configura dunque come la cabina di regia del turismo: un organo non pletorico, ma tale da garantire, comunque, la partecipazione al processo decisionale dei più importanti attori istituzionali. L’istituzione del Comitato, tuttavia, è stata particolarmente sof ferta, tanto che solo alla fine del 2006 si è giunti al suo effettivo insediamento, con una rinnovata composizione ed una nuova denominazione (Comitato per le politiche turistiche).