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punti di interesse di Seclì

Palazzo Ducale D'Amato

Secondo alcuni studiosi il palazzo ducale di Seclì sarebbe stato costruito intorno al 1570, periodo in cui Seclì era feudo dei D'Amato. L'elemento più importante che convalida questa tesi è "la singolare loggia" che dagli esperti è ritenuta una delle soluzioni angolari più belle di tutta l'architettura del Salento. Questa soluzione angolare, ben visibile da largo Garibaldi, è costituita da 2 arcate ogivali che probabilmente contenevano 2 aperture; nei pressi dello spigolo dell'edificio la seconda arcata poggia su una cornice sorretta da 2 colonne. Sull'altro lato dello spigolo vediamo un'apertura quadrata, oggi murata, racchiusa da una cornice a bauletto e delimitata su ciascuno dei due lati da 2 colonne. Oltre a questo elemento architettonico, l'affresco dello stemma ducale nei ritratti dei cinque duchi D'Amato con i rispettivi nomi, ci porta a pensare che questo palazzo sia stato costruito dai D'Amato. Rappresentanti di un potere forte e ramificato sul territorio attraverso la presenza di altre famiglie di identica origine iberica, e legati al potere religioso attraverso una fede radicata e dal profondo valore identitario, i D'Amato divennero nella seconda metà del XVI sec. I protagonisti di un cambiamento tale da imprimere una svolta radicale alla vita del piccolo casale e contribuirono in modo determinante all'apertura di una fase di notevole crescita e floridezza economica, culturale ed artistica, in seguito non più toccata. Partecipando attivamente agli eventi storico-politici e religiosi più significativi del tempo e legandosi con vincoli matrimoniali ed ereditari con altre grandi famiglie sul territorio, questi signori riuscirono ad inserire il piccolo centro in un'area fatta di continui scambi e relazioni. Il Palazzo che prende il nome dai Duchi D'Amato sorge in un luogo che, secondo quanto risulta da un protocollo notarile del 1692, veniva in passato denominato "Tresciule". La costruzione rileva notevoli ferite inferte sia da fenomeni naturali che da pesanti interventi dell'uomo. Sono ben visibili e predominanti gli interventi realizzati nel '500. Nel periodo compreso fra il cinquecento e il settecento si può facilmente osservare, nel Salento, che l'aristocrazia locale tende a risistemare la struttura e l'immagine dell'abitato. Questa tendenza è facilmente rintracciabile nella Seclì di questo periodo. Dovendo però analizzare il succedersi di tali eventi ci si deve basare quasi esclusivamente su fonti archivistiche dato che gli studi a riguardo scarseggiano. Per ciò che concerne il Palazzo Ducale di Seclì, lo stesso è di fabbricazione cinquecentesca, ristrutturato prima sul finire del '500 e infine nuovamente nel '700 in seguito alla scossa tellurica del 20 febbraio del 1743. Molto probabilmente sorse come fortilizio difensivo; successivamente venne ingentilito proprio dai D'Amato con forme influenzate dal clima di distensione dopo le terribili scorrerie saracene. Questa dimora si sviluppa su due piani con un piccolo cortile interno, oltre il portone d'ingresso. I locali del piano terreno erano adibiti a magazzini utilizzati in passato come stalle, abbeveratoi e dispense per la conservazione dei prodotti ceduti dei contadini sotto forma di decime ai signori feudali. Vari sono i documenti del catasto onciario che fanno riferimento al palazzo, fra i quali un documento del 1741, dove, al palazzo, compreso fra i beni di Giulio Maria Severino, sono riservati pochi cenni:"...un palazzo a propria abitazione, con giardino attaccato a detto palazzo a uso proprio...".Di pochi decenni successivi è il documento del catasto onciario dal quale possiamo ricavare ulteriori informazioni riguardo alcuni ambienti:"...primo piano due camere superiori,secondo piano camere 9,camerini 5,e cucina,inferiori postura,stalla,rimessa,camera,magazzino e palmento...". Da un recente rilievo planimetrico è possibile evincere il complesso e articolato impianto del palazzo. Infatti, dalle spesse murature del pianterreno si capisce che il complesso è sorto su un fortilizio che, molto probabilmente, era abbastanza semplice: su una struttura quadrangolare dovevano innestarsi le torri angolari (quadrangolari anch'esse) due delle quali si collegavano alla cinta difensiva. Nel Cinquecento il palazzo subì alcune opere di ristrutturazione, tra le quali, quella dell'ala sinistra del portale d'accesso, la costruzione della loggia angolare, la sistemazione della serie di peducci della volta crollata e la costruzione di una finestra dalle linee cinquecentesche. Di questo periodo è anche la cappella a pianterreno, ricavata in un ambiente al quale si accede dal lato est del cortile. Settecentesca è invece la scalinata che dall'atrio conduce ai piani superiori, (costituiti da un ammezzato e da un primo piano di ampie dimensioni), terminando con un terrazzo sul quale si aprono finestre e porte settecentesche. Su questa terrazza si prospetta poi un lato della famosa loggia angolare già citata, forse di fattura di Giovanni Maria Tarantino, che rappresenta una delle soluzioni architettoniche più belle dell'intero complesso. La stessa è costituita da coppie di colonne il cui fusto alterna motivi vegetali alle tradizionali scanalature. Fra le colonne si inserisce un pilastro ruotato di 45 gradi. Lo spigolo sud-est del palazzo presenta evidenti segni di demolizione. La planimetria catastale degli inizi del '900, a testimonianza di ciò, fa capire che il palazzo proseguiva su questo lato collegandosi alle mura, parte delle quali fu abbattuta per l'apertura di via s.Nicola, comportando anche la perdita di alcuni vani del palazzo, forse quelli che compaiono nello stato di sezione del 1807. Dalle stanze disposte sul lato ovest del palazzo era possibile godere una sublime vista del paesaggio, costituito da due tomoli di terra dove si estendeva anche il vigneto, di un estensione pari a cinque volte quella odierna. Descrivendo il palazzo baronale non si può fare a meno di parlare del ciclo di affreschi presente nelle stanze del piano superiore, importanti soprattutto per l'innovativo ciclo iconografico. Nella cosiddetta stanza degli "uomini illustri" il soffitto dipinto simula un’architettura dipinta, con una balaustra nella parte centrale, oltre la quale si apre il cielo con tre angeli sui quali sventola un cartiglio con la dicitura "Omnia vincit amor,& nos cedam(us) Amori". Ai quattro lati della volta incontriamo poi alcune figure mitologiche disposte a coppie nell'ordine seguente: "Fortuna-Speranza" (nord), "Vittoria-Forza" (sud), "Mercurio-Giunone" (est), "Diana-Minerva" (ovest), ognuno dei quali è riconoscibile dagli attributi propri. Sulla volta sono presenti poi degli archetti, all'interno dei quali sono alloggiati una serie di busti. Sul lato più lungo della volta incontriamo i busti di alcuni imperatori romani, quali: Giulio Cesare, Ottaviano, Tiberio, Carlo II d'Angiò, Nerone, Tito e Vespasiano. La figura di Carlo II d'Angiò fra gli imperatori romani si giustifica col fatto che la famiglia d'Amato, feudataria di Seclì e commissionaria delle opere, era giunta in Italia al suo seguito. A fronteggiare questi busti, sul lato opposto della volta, incontriamo quelli dei baroni di Seclì, fra i quali: Sigismondo, Guido, Ottavio, Francesco e Antonio. In corrispondenza della prima e dell'ultima nicchia incontriamo, invece di due busti, due stemmi: il primo della famiglia Spinelli, il secondo della famiglia dei De Costanzo. Oggi il palazzo è di proprietà comunale e si sta provvedendo al restauro. Alcune ale del palazzo sono già fruibili come, ad esempio, quella in cui è stata allestita la sala consiliare.