Wichtige Orte in Ledro
La Fucina delle Brocche
Quello dei "Ciuaroi", umili artigiani che forgiavano, nelle loro "fosine" i chiodi destinati a ferrare gli scarponi (le "broche"), fu un lavoro estremamente duro e faticoso. Un lavoro provvidenziale, che salvò dalla fame e dall'emigrazione la nostra gente. Un lavoro rchiesto dal governo Austriaco e poi Italiano durante i due conflitti mondiali per ferrare gli scarponi dei soldati; e quei chiodi salvarono dal fronte i nostri uomini.
Se confrontiamo un chiodo del V secolo a.C. con uno contemporaneo dobbiamo constatare che il chiodaiolo non è riuscito oggigiorno ad evadere dal prototipo iniziale. Certi chiodi della preistoria hanno rapporti armonici fra testa, anima e squadri che ci permettono di intuire un'eccezionale tecnica di lavorazione.
Le fucine del chiodaiolo erano costituite da piccoli fabbricati con uno o più focolari a due fuochi, attorno ai quali quattro o sei blocchi di buon granito sostenevano altrettante incudini a "T". Ogni chiodaiolo in una gironata lavorativa riusciva a produrre 2000-2500 "broche"
La lavorazione delle brocche a zappa si affermò soprattutto nella bassa valle: Molina e Prè ne divennero i centri e ben presto nacque il problema dell’organizzazione del lavoro e della vendita.
La prima guerra mondiale vide la chiusura delle fucine a seguito dell’esodo dell’intera popolazione della Valle di Ledro verso la Boemia. In seguito a ciò venne a mancare all’esercito austriaco la fornitura delle brocche. Grazie all’interessamento di don Gerolamo Viviani, parroco di Molina, anch’egli esiliato a Mies in Boemia, fu possibile convincere Vienna dell’opportunità di riprendere in Boemia la fabbricazione delle brocche con i chiodaioli ledrensi, che però, si trovavano al fronte. Il Governo di Vienna concesse il richiamo dal fronte di molti chiodaioli e fece costruire nuove fucine in baracche a St. Pölten. Per molti la guerra finì lì ! Ritornati i Ledrensi ai loro paesi semidistrutti dalla guerra, ben presto le "fusine" vennero riattivate, le Cooperative broccami di Molina e di Prè, oltre al negozio di ferramenta Giuseppe Casari, ripresero l’attività commerciale soprattutto ora verso le regioni italiane, ma non mancarono i vecchi clienti dell’ex impero austro-ungarico. Nei tempi di strettezze del dopoguerra, tornarono nelle famiglie i frutti di un faticoso lavoro che vedeva i chiodaioli, dalla prime ore del mattino fin dopo il tramonto, impegnati e chini sugli incudini a battere la "verzela" arroventata e ricavarne con precisi colpi di martello centinaia di brocche a zappa. Erano soldi sudati, che integrati da una povera agricoltura affidata alle donne ed agli anziani, permettevano qualche risparmio. Negli anni della grande crisi (1925-1935), la lavorazione delle brocche fu l’unica risorsa per la bassa valle, ciò spinse anche i paesi della media ed alta valle ad industriarsi per fabbricare le brocche.
Con le guerre d’Abissinia, di Spagna, con l’avvicinarsi della II guerra mondiale, la richiesta di brocche da parte dell’esercito si fece pressante ed urgente e la Valle di Ledro era l’unica dove si fabbricavano brocche per scarponi.
I chiodaioli raddoppiarono di numero, il lavoro si intensificò per soddisfare la continua e forte domanda di brocche.
Anche a Biacesa in quegli anni per iniziativa di un gruppo di ex chiodaioli di St. Pölten, venne costruita una fucina per una ventina di operai che si avvicendavano attorno a quattro fuochi. Per alcuni chiodaioli ci furono esoneri e licenze dal militare per dedicarsi alla fabbricazione delle brocche ed anche i Tedeschi dopo l’8 settembre 1943 tennero in grande considerazione l’industria dei chiodi per fornire il loro esercito, tanto che parecchi furono i chiodaioli esonerati dal lavoro della TODT per continuare la loro attività con un minimo di 800 brocche al giorno. Nel dopoguerra l’arrivo delle suole di gomma a sostituire il cuoio e le brocche fece sì che i chiodaioli si trovassero ben presto senza lavoro. Le Cooperative broccami chiusero i battenti, si smantellarono le fucine riadattandole a fienili ed ad abitazioni, cessò e scomparve in Valle un artigianato che per anni fu una delle più importanti entrate per le famiglie ledrensi.